LE
ALTERNATIVE Questo
testo è incompleto; verrà completato al più presto. La guerra che siamo forzati a combattere chiude un
ciclo storico importante, quello del Capitalismo
di Stato di matrice statunitense, basato sulla crescita esponenziale
del debito pubblico e privato, finalizzati non alla costruzione del Capitale Industriale e delle infrastrutture ad
esso necessarie, come nel modello inglese, ma direttamente al consumo. Il mutamento d’indirizzo non è casuale, ma è
conseguenza di un fenomeno storico di prima grandezza; negli anni ’80, gradualmente, è stato raggiunto
(in Occidente) il punto di equilibrio
tra il Capitale e la sua produzione vendibile,
cosicché in quasi tutti i settori il Capitale installato è divenuto
sufficiente, e spesso largamente sufficiente, ai fini della produzione di
tutto ciò che può essere venduto; in altre parole è venuta a mancare
qualsiasi possibilità di espandere in forma genuina, reale e produttiva, il
Capitale esplicitamente destinato alla produzione di beni e servizi. Il centro di gravità di questa guerra ed il luogo dove
dovranno scaricarsi in ultima istanza le forze che scatena, sono gli Stati
Uniti d’America; ma essa ha un teatro europeo, per quanto parziale, ed in
quest’ambito rischia di concludersi sullo schema delle altre, cruente, che
l’hanno preceduta: con molti danneggiati ed un solo vero perdente: la Germania. Risalta l’inadeguatezza della Germania (e della
Francia, ed anche della somma di ambedue) rispetto ai problemi di misura continentale e soprattutto planetaria. Occorre riconoscere che l’indisponibilità a farsi
carico del debito dell’intero consesso europeo attraverso meccanismi quali i
cosiddetti eurobond è un merito;
rifiutarli è correttissimo, in quanto essi sono uno strumento più adatto ad
amplificare la crisi che a risolverla. L’inadeguatezza della Germania (e sussidiariamente
della Francia) risiede altrove, e precisamente nell’incapacità di formulare
una strategia che tracci in forma limpida una via d’uscita dalla crisi, o
almeno, se ciò fosse troppo difficile, di denunciare senza artifizi l’ampiezza
e la gravità del fenomeno. La Germania, invece, sembra accontentarsi delle
soluzioni parziali nate giorno per giorno, rinunciando ad ogni visione
storica; così facendo (direbbe Tacito) non va alla guerra ma alla battaglia. L’Italia è un ex-impero,
e tale ostinatamente rimane dopo quindici secoli; essa non ha vocazione per i
ruoli intermedi e pertanto, come osservò Dante Alighieri, o è “donna di
province” oppure ... Il ventaglio delle
possibilità di estinzione del debito pubblico, o di semplice pagamento degli
interessi, non può essere esaminato senza aver prima esplorato la natura
dell’intero fenomeno. La sua stessa dimensione
vanifica qualsiasi velleità di risolverlo con mezzi impropri o
approssimativi: ed infatti oggi l’Autorità politica occidentale non tenta nemmeno di risolverlo ed il
suo massimo obiettivo è prendere tempo,
artificio che ogni volta riesce sempre meno bene e garantisce tregue sempre
più brevi: dagli anni siamo
passati ai mesi o addirittura ai giorni. Quando si presta denaro a
qualcuno, possono configurarsi due possibilità la cui distinzione concettuale
è netta: in un caso il denaro è speso per costruire qualcosa la cui durata
prevedibile è maggiore della durata del prestito, ed in questo caso il denaro
può considerarsi investito,
nell’altro può dirsi che il denaro è stato consumato o anche (da questo punto di vista) dissipato. Comunque il denaro
originario è uscito dalle mani di chi lo ha ricevuto ed ha lasciato al suo
posto un fantasma,
il titolo di credito, all’interno
del quale non c’è alcuna ricchezza oggettiva, ma un diritto che soltanto metaforicamente può essere considerato un
capitale. Il debitore, sia per
restituire quanto prestatogli sia per pagare gli interessi, non può usare il medesimo denaro che ha ricevuto in
prestito, nemmeno in parte – a meno che non abbia chiesto, deliberatamente,
più denaro di quanto avesse bisogno; nel caso normale deve procurarsene altro, con o senza l’aiuto
dell’eventuale investimento compiuto. Quando arriva il momento
di pagare, al debitore si presentano due alternative: quella fisiologica e quella patologica; la prima consiste nel produrre qualcosa di adeguato valore
e venderlo: il ricavato servirà
per rimborsare il debito o pagare gli interessi; la via patologica lascia
ancora l’alternativa di chiedere un ulteriore prestito oppure, se il debitore
ne ha uno, di intaccare il patrimonio. Contrarre nuovi debiti per
pagare gli interessi conduce notoriamente ad una legge di crescita del debito
che a tassi costanti è esponenziale
in senso tecnico, ed a tassi variabili ha ancora un andamento strettamente
esponenziale; la natura divergente delle funzioni esponenziali rende
impossibile sostenere questo modo
di operare già a medio termine. ... lacuna ... Fatte queste premesse, le possibili opzioni distinte
dal default che si offrono ad un’Autorità di Governo italiana per la gestione
a livello nazionale dell’aspetto
finanziario della crisi non sono molto numerose: 1.
Quanto indicato
all’inizio di questa nota, ossia il vincolo (per il creditore) ad utilizzare
il denaro ricevuto a titolo di interessi o di capitale esclusivamente per acquisti sul mercato nazionale del debitore; è
la sola strada possibile, se si vuole uscire dal circolo vizioso onorando gli
impegni nella massima misura consentita dalle leggi dell’economia. 2.
Un’imposta patrimoniale annuale sui titoli del
debito pubblico, largamente superiore
all’ammontare degli interessi e sufficiente, nel tempo, a rimborsare il
capitale man mano che scade: sarebbe una forma di esproprio, tuttavia diluita
nel tempo e dunque meno violenta del default. 3.
L’esproprio
forzoso esplicito dei suddetti
titoli per esigenze di sicurezza nazionale. 4.
L’inflazione
artificiale a due o tre cifre (fattibile soltanto a livello EU) la quale equivale empiricamente,
ma non giuridicamente, ad un esproprio: ma essa induce danni collaterali
assai grandi. Poi ci sono le opzioni fittizie, le nostre
predilette, ossia quelle che sembrano
opzioni ma conducono con certezza al default o anche a qualche cosa
di gran lunga peggiore: 1.
La prima
suggestione è mettere in atto un comportamento contraddittorio, nella speranza che le variabili numeriche
dell’economia siano altrettanto distratte
quanto sono gli uomini, e non se ne accorgano. ... lacuna ... Nel nostro sistema attuale esistono due distinti circuiti del denaro, che
comunicano relativamente poco: il primo è il circuito economico, al quale appartiene l’economia cosiddetta reale; il secondo è quello finanziario. Il flusso totale del denaro attraverso la somma dei
due circuiti è nullo, e pertanto tutto il denaro che entra in uno dei due
circuiti esce dall’altro; se i flussi in entrata ed uscita di ciascuno dei
due circuiti si compensano il Sistema è stabile,
altrimenti esso è instabile. Tutti i prestiti, per definizione, sono erogati dal
circuito finanziario, in parte al proprio interno, in parte ad operatori
appartenenti al circuito economico, tra i quali principalissimo è lo Stato;
nel testo che segue, quando si parla di prestiti, si intende sempre di
prestiti erogati ad operatori del circuito economico. Il flusso in entrata
del circuito finanziario (proveniente dal circuito economico) è formato delle
seguenti voci: · Risparmio privato. · Profitti non investiti o non investibili. · Interessi per prestiti. · Rimborso di prestiti. · Vendita di beni capitali industriali
(disinvestimenti). · Vendite speculative. Il flusso in uscita è così composto: · Investimento industriale · Acquisti speculativi. · Prestiti al consumo. · Distribuzione di redditi destinati al consumo. · Spesa di capitale monetario a fini di consumo. L’ultima voce comprende in particolare il ritiro di
risparmio a fini di consumo; l’investimento industriale è un’uscita dal
circuito finanziario verso quello economico quando si riferisce a nuovo capitale, rimane un fenomeno
interno al circuito economico quando alla semplice ricostituzione del capitale installato. ... lacuna ... Arithmos,
27-11-2011 --- 18-01-2012:01:31 Umt. |